venerdì, ottobre 26, 2007

C’è Posta Per Te




Ovvero: una modesta e tardiva proposta di riqualificazione professionale

Una nuova pubblicazione (che francamente non ci interessa nemmeno troppo) demolisce - se stiamo alle sue recensioni - la figura di Padre Pio, il frate dei famosi. Credevamo che il FFF, ossia il fu Francesco Forgione, fosse soprattutto celebre per il miracolo della moltiplicazione delle fiction e per la lievitazione del bilancio di S. Giovanni Rotondo, ma a quanto pare ne compì anche in vita di rimarchevoli, tra cui la foratura sanguinolenta degli arti superiori (peraltro uno dei miracoli più sgradevoli che mai si ricordino).

Ebbene, il libro di nuova uscita pare rilevi un traffico sospetto di acidi varii i quali avrebbero potuto servire appunto al triste scopo di autoprocurarsi le suddette lesioni. Vabbè, a noi che interessa? Ognuno gode come può, e turlupina il prossimo con quel che gli salta in mente. Wanna Marchi, indole più solare e meno incline ai masochismi ha pensato al sale, ad esempio.

Comunque, in questo mondaccio cane dove il diavolo si nasconde ad ogni angolo, in fondo, tutti calunniano tutti (persino quei povericristi dei ministri della Giustizia son bersagliati), quindi concederemo che SPPDP potesse anche essere il destinatario di un miracolo, perché no?

Messori “lo scrittore cattolico” (ormai fa tutt’uno col nome, avete notato? Ma qualcuno si ricorda un suo bel romanzo magari?) interviene allora sulla vicenda con un articolo sul Corriere. Che ti fa, ivi, il Messori?

[http://www.corriere.it/cronache/07_ottobre_26/padre_pio_fede.shtml]

UNO. (Parto dal fondo). Cita un versetto del Vangelo sull’inconoscibilità alla superba ragione dell’operato miracoloso di Dio, una verità che “è rivelata ai piccoli e ai semplici ed è nascosta ai sapienti del mondo” [cf. Lc 10,21]. Questa frase, a nostro modesto avviso, pur nata innocente, è divenuta una famigerata foglia di fico della Chiesa, equivalente dell’orwelliano “l’ignoranza è forza”. Ma anche se non si è d’accordo, si converrà almeno che essa si riferisce innanzitutto alle parole e agli atti di Cristo; ebbene, non è un po’ una presunzione allora, un metter il carro davanti ai buoi, questo appiccicarla in gran fretta ai buchi del Forgione?

DUE. Invece di controbattere all’accusa circostanziata di simulazione, come vorrebbero la logica e l'onestà, il Messori rilancia, ovvero svia, menzionando persino un miracolo padrepiico accaduto a proprio uso e consumo! Quello di una lettera arrivata in un giorno:

Se è lecito, dunque, (e per capire), un aneddoto personale. Una spastica grave che non ho mai visto di persona ma con la quale intrattengo da decenni un rapporto epistolare, molto imparando dal suo sensus fidei. La sua desolazione, anni fa, per il ritardo nel ricevere posta, a causa di miei viaggi e di superlavoro, il suo rivolgersi a padre Pio, di cui è ovviamente devota [non capiamo l'equazione, francamente! Spastica = devota di SPPDP?] e l'immediato, forte profumo di fragola che è per lei il segno di essere stata ascoltata [ehm, una guarigione no?! Che ce ne facciamo degli olezzi celestiali?!]. Il mattino dopo, ecco la lettera. Ma, dall'annullo sul francobollo, risultava spedita il giorno stesso, soltanto un'ora prima: e tra le nostre case corrono più di 300 chilometri. L'esclusione, da parte del direttore dell'ufficio, che fosse possibile un errore nel timbro, errore impensabile ma che, comunque, avrebbe portato a un ritardo, non a un anticipo della data. Poco tempo dopo, una mia visita a un convento lombardo di cappuccini, l'incontro con un vecchio frate che fu a lungo segretario del Santo, sul Gargano. Al racconto dell'episodio, nessuna sorpresa ma un gesto di condiscendenza: “Roba normale, niente da stupirsi. Quando aveva una lettera che gli stava a cuore, mi diceva di metterla nella buca in piazza: ma al recapito provvedevano gli angeli custodi. Un'ora dopo, puntualmente, arrivava”.

Conclusione (così capite anche la ragione della scelta iconografica).

A chi dice che quando c’era lui (quello sopra) i treni arrivavano in orario è d’uopo rispondere, con Troisi, che allora non c’era bisogno di farlo capo del governo, bastava capostazione.

A Messori che dice che con lui (quello sotto) le lettere arrivano dopo un giorno rispondiamo coerentemente che allora non c’era bisogno di farlo santo, bastava postino.

Statemi bene.

mercoledì, ottobre 17, 2007

In the Eye of the Beholder



RICEVIAMO PUBBLICHIAMO E CHIOSIAMO

Un nostro lettore che lascerò anonimo ma che comincia per D e finisce per opobarba avrebbe voluto pubblicare il seguente commento al post 32 Secondi e, non riuscendoci, ce l’ha mandato via mail :


Rimescolare? Davvero? Due uomini che si tengono mano in mano ti fanno rimescolare? attento, la retorica è sempre in agguato per mandare in ferie l'intelligenza. Io faccio il tifo per le due vecchie sono sicuramente più simpatiche di quei due che invece del viso ti mostrano il culo.
salutoni


Quello spot è dunque fallimentare, non è intuitivamente chiaro e allora lo spiego.

Mi fa piacere che tu sostenga le due signore e le trovi simpatiche (già, visto che siamo in vena di political correctness e di sermoncini morali: non vecchie - anziane). Infatti si dicono: “Hai visto quello?” - “Sembra impossibile”- “In maniche corte con ’sto freddo!”. Per renderla ancora più trasparente: le signore si dimostrano non offese dal fatto che due persone dello stesso sesso si possano tenere per mano, non omofobe dunque.

La tua reazione è psicologicamente interessante. Attribuisci istintivamente una mentalità anti-omossesuale (anzi, -omoaffettiva: perché è quello che si vede di fatto nello spot: un gesto di affetto) a due persone anziane. In compenso menzioni dei culi che io, che pure ho una forte deformazione professionale, non ho nemmeno notato. Anche perché non sono mai inquadrati per intero e sempre quando altro è evidenziato nella scena (le mani giunte, o i due che passeggiano, e lì non si può non intuire che hanno anche, sotto i pantaloni, delle natiche, a meno di non segarli in due - come del resto anche le due anziane sotto i vestiti hanno -mio Dio!- il seno).

Ovviamente la mia (latente) interpretazione di tale critica va presa con le molle perché non ho mai studiato psicologia.

Né portoghese.

Salutoni.

lunedì, ottobre 15, 2007

Fatti Straordinari



Ossia: STRANO MA VERO

Udite udite o rustici: l'immagine del compianto Wojtyła si profila (assai significativamente) tra e con le fiamme congelate da uno scatto fotografico. Il Corriere sostiene che “già si grida al miracolo”. (Cioè comincia lui, si veda http://www.corriere.it/cronache/07_ottobre_14/papa_foto_prodigiose.shtml)

Imprecisione concettuale, comunque. Un miracolo è una violazione, od eccezione, delle leggi di natura. Ammettiamo anche che un bel giorno un falò (magari anche con una certa persistenza, e non solo in una sua fugace sezione temporale fissata da un’immagine) riproduca precisamente la silhouette del fu pontefice, zucchetto e bastone pastorale inclusi, ebbene, non di miracolo tratterebbesi ma di fatto inconsueto.

Tale fatto inconsueto peraltro spiccherebbe per la sua gratuità e inutilità a chicchessia. Sappiamo bene che Wojtyła è esistito, di sue foto se ne trovano a bizzeffe con il cerca immagini di google, per esempio. Anche da morto: tanto aveva avvezzato la gente ad adorarne l'effigie in mille salse che all’epoca del funerale vi fu una grande maggioranza di “fedeli” che si sobbarcò a ore di coda per poter catturare l’immagine della pontifical salma col telefonino. Ne vogliamo adesso anche una pirica post mortem? Ingordi…

Il vero miracolo però lo fa il Corriere. La foto in questione infatti, a salvarla con un clic come io ho fatto per postarla, reca nientedimeno che il nome “foto papa” tout court!. Beato zelo…

Altro fatto straordinario. Un prete rivela in tv la propria omosessualità. (Sai che novità.) La Chiesa se ne sbarazza con un fervor di pulizia interna che mai si era visto in occasione per esempio della pedofilia. Ci han messo anche meno, si noti, che a rimuovere altri prelati fidanzati o sposati. E quello che ti fa? Salta su con la ridicola difesa secondo cui sarebbe stata una trappola funzionale a incastrare i veri gay che si anniderebbero tra le pretesche fila (ah, allora ce ne sono davvero!).

[http://archivio.corriere.it/archiveDocumentServlet.jsp?url=/documenti_globnet/corsera/2007/10/co_9_071014097.xml]

Da qualunque parte la si giri, questa storia rivela un marciume, un’incoerenza, una vigliaccheria da far spavento. Quello si affilia alla Chiesa cattolica nonostante l’incompatibilità tra le di lei (balzane) norme e il proprio orientamento sessuale, ci si intartufa per anni, poi esce allo scoperto mezzo sì e mezzo no; quegli altri allora fanno per epurarlo con efficienza degna di miglior causa e lui salta su che no, guardate che l’ho fatto così potete beccare gli altri. Spettacolo edificante quant’altri mai! Ci manca solo il "non ho cominciato io"...

Propongo allora di consolarsi da queste miserie umane con l’immortale saggezza espressa dalle esilaranti scene della lapidazione in Brian di Nazareth.

[Chi scopre l’analogia con quanto sopra vince una confezione di diavolina per nuovi falò iconòpapi e un cartoccio di ghiaia per il bambino]




Always look on the bright side of life!

venerdì, ottobre 12, 2007

"Un Popolo di Analfabeti"

Ovvero OMAGGIO A MONTANELLI



Durante scorribande notturne su youtube trovo che qualcuno, molto meritoriamente, ha messo in rete quattro puntate di EPPUR SI MUOVE, con Beniamino PLACIDO e Indro MONTANELLI, trasmissione del 1994. Le potete trovare su youtube cercando le parole in maiuscolo.

Posto uno degli spezzoni, raccomandando peraltro la visione di tutti. E' un piacere sentire parlare (sentire insegnare dovrei dire) il grandissimo Montanelli con il contrappunto garbato e acuto di Placido. Chiarezza, profondità, originalità derivante da indipendenza di giudizio, enorme cultura. Altro che Vespe e Santori.

Nello spezzone che vedete qui sopra, anche solo a darsi la minima briga di seguirlo partendo dal minuto 3.14, si può ascoltare una riflessione chiara e coincisa sul ruolo storico rivestito dalla Chiesa Cattolica, in paragone al Protestantesimo, nel mantenere gli italiani un popolo di analfabeti. E sentite un po' che dice del latino.

Su tale analfabetismo, che persiste ancor oggi sebbene in forma più strisciante, torneremo; per ora parole non ci appulcro, per non inquinare con le mie quelle che ascolterete.

Valete.

mercoledì, ottobre 10, 2007

Trentadue secondi




...Tanti ne dura questo brevissimo video. Quando l'ho visto mi sono sentito rimescolare, primo perché è assai ben congegnato, secondo perché è assai garbato esteticamente (tra l'altro la lingua, ho constatato, ricorda il mio dialetto) e terzo perché ho pensato che proviene dal piccolo, isolato Portogallo. Nell'Italia "in Europa", ossia la Vaticalia di Ratzinger Ruini Prodi Buttiglione Bindi Binetti e dell'Islam rampante, quanto dovremo aspettare?

(Ho citato solo alcuni prominenti politici italiani, se ho dimenticato qualcuno segnalatemelo).

[E un affettuoso grazie al grande amico ispanolusitano Rubén!]

domenica, ottobre 07, 2007

De Partibus Animalium [2]. Gli Opinionisti.


Ecco ancora una bizzarra creatura offrirsi alla nostra lente d'ingrandimento. L’opinionista.

Dice Wikipedia: "L’opinione è l’idea che una persona ha in merito a qualcosa. Si tratta quindi di una valutazione e di un giudizio su quella cosa".

Balle. Difficile trovare una definizione più imprecisa dal punto di vista filosofico. Si accozzano nella stessa riga i termini opinione, idea, valutazione e giudizio, che ci stanno comodi come quattro obesi in piena crisi d’asma nello stesso ascensore bloccato tra due piani.

L’opinione (a dispetto di molti usi errati del termine) è il risultato appunto dell’opinare, ovvero di una forma di conoscenza estemporanea, provvisoria, su base incompleta. Lo sapeva bene Parmenide che contrapponeva opinione e verità, la prima via dell’errore e dell’apparenza (ancorché a volte plausibile) la seconda dell’essere e della sapienza. L’opinione quindi è già qualcosa di più che la vegetazione ma è uno stadio incompleto e vacillante. E' una malattia infantile del pensiero. Ci si passa attraverso e poi se ne esce rafforzati. In ogni caso non ci si ferma lì.

Le persone intelligenti non si vergognano di avere opinioni, ma si rammaricano di averne più che idee. Quando si confrontano con le altre cercano piuttosto di proporre le loro ragioni argomentate. Le persone intelligenti a sentirsi dire “opinionista” storcono il naso. Lungi da loro poi autodefinirsi tali!

Il suffisso -ista, indica l’adesione, la conformità sistematica a un -ismo. Dell’ "opinionismo" nessuno ha mai scritto un manifesto, ma è chiaro di che cosa si tratta. E’ quel movimento culturale trasversale in cui singoli personaggi, a cui generalmente l’esposizione mediatica ha dato alla testa, prendono le loro quattro opinioni, ci si attaccano con affetto morboso, e poi, magari in bella confezione (un blog, uno spazio in una trasmissione, una colonna settimanale), le ammanniscono a terzi come frutti sopraffini di meditata saggezza. Poiché è più facile sputacchiare opinioni che costruire argomenti, hanno gioco facile. Poiché ancor più facile che attaccarsi a un’opinione propria è prendere per buona un’opinione altrui, gli opinionisti hanno anche un certo seguito.

Ma l’opinionista non è altro che uno scarabeo stercorario. Un animaluzzo piccino picciò aggrappato a una pallina di cacca secca che quando la guarda immagina di avere la Terra intera tra le zampette e quando la rotola avanti per porgerla ad altri la gabella per perla sopraffina.

Finché l’opinionismo ha per oggetto il giuoco del pallone, il bon ton, le vicende dei reality show, passi. Ma quando l'insettuzzo sconfina in campi alti come la discussione politica, etica, religiosa, allora è meglio cominciare a discernere tra idee e palline di cacca secca. Aziende di disinfestazione cercansi.

Valete.

giovedì, ottobre 04, 2007

Fugace raccolta di considerazioni (Non tutte mie) sull’Aldilà e l’Eguagliatrice



…come chiosa ai pensieri di ieri.

La morte, non è una gran bella prospettiva. Anzi, almeno lo fosse, una prospettiva! Non è rappresentabile, è sempre la morte degli altri. Come condannati in una cella, vediamo gli altri esser portati via e non sappiamo quando toccherà a noi (Pascal, credo). Strehler diceva per esorcizzare “solo gli stronzi muoiono!”.

Il nulla è sempre in agguato, non importa se tra un secondo o tra un anno. E ci sta davanti da soli, ci fa mettere in spalla un carico che nessun groppone se non il nostro può portare, senza nemmeno che abbiamo barrato una casella prima di nascere: vuole Lei venire al mondo e assumersi il conseguente fardello omaggio? SI’ / NO.

Le statistiche se siamo giovani ci danno qualche illusione, e, da vecchi, non c’è nessuno che lo sia tanto -come diceva Cicerone- da non credere che non vivrà ancora un anno. Ma, intendiamoci, non è l’illusione di risolvere la questione, solo di rimandarla. In questo tutti dobbiamo condurre una politica da governo balneare: in assenza di soluzioni, proroghe.

Le religioni ci dicono invece che dopo c’è qualcosa. Mentre i filosofi sostengono che parlare di un “dopo” dopo la fine è un controsenso, come un cerchio quadrato di ferro ligneo. Wittgenstein aggiunge che, a ben vedere, anche se ci fosse una vita infinita nell’aldilà, non sarebbe eliminato l’enigma della vita stessa [TRACTATUS 6.4312]. A me comunque andrebbe bene, eh!?

Non si sa bene che cosa sia l'aldilà delle religioni. Quando Dante provò a descrivere quello cristiano ne fece una copia dell’aldiqua, solo più sanguigna (inferno e purgatorio) o più eterea (paradiso - eterea ho detto, ma ci si può lo stesso dire male del Vaticano, cfr. XXVII 25-27). Giovanni Paolo II, come estrema difesa dalle critiche al geo-antropomorfismo in cui ogni tentativo di rappresentazione inevitabilmente scade, disse che quei presunti luoghi sono piuttosto “stati della mente”. Il purgatorio lo è di sicuro, visto che per sostenerne l’esistenza ci si aggrappa a delle ragnatele concettuali, si stiracchiano quattro versetti striminziti.

Addirittura poi il Cattolicesimo prospetta un dopo-dopo-dopo! Una resurrezione dei corpi che è uno dei punti più imbarazzanti del credo (e infatti nel catechismo ufficiale si dice che è irrappresentabile e si tira via veloci veloci sperando che qualcuno non salti su a far troppe domande). Chiedetene un po’ ai vostri amici cattolici che cosa ne sanno.

Più concreto è il paradiso dei Musulmani. Un posto bellissimo, una specie di oasi piena di frescura, di ombra e di acqua (e te lo credo che ha originariamente allettato delle popolazioni beduine) in cui, oltre alle sette (o settantasette?) vergini, ci sono anche dei bei “garzoni” (così Bausani traduce pudicamente quella che è un’effettiva traccia di pederastia alla greca nelle Parole del Clemente e Misericordioso, il Quale evidentemente provvede anche a coloro i cui occhi godono delle forme maschili [LVI, 17] in barba a Ahmadinejad che invece li impicca). Ci viene assicurato che là non avremo mal di testa [sic - LVI 19] e speriamo allora nemmeno il raffreddore o la costipazione.

Ma a quanto pare, qualunque cosa sia, che cosa succede nell'aldilà a ciascuno dipende da come ci è comportati qui, nel non-ancora-di-là. C'è un rapporto causa-effetto: se ti sei impegnato, passi, se no ti bocciano (con il purgatorio dei cattolici che è un po' come gli esami di riparazione). E la bocciatura è poco piacevole, si parla di fiamme oppure, se si è un pochino più raffinati, à la Wojtyła, della lontananza da Dio. Naturalmente sempre Dio ha un diritto discrezionale, può a sua volta cambiare le cose e rimuovere i trapassati dalle loro sedi come carriarmatini sulla plancia del Risiko, se vuole. Direbbe un mio amico irlandese: "God can do whatever she wants"! Come ha fatto Ratzinger (che in questo si è dimostrato buon emulo, immagine terrestre, del(la) Superiore) quando ha tirato fuori i bambini dal limbo. Limbo che semplicemente è stato lasciato perdere perché indifendibile, ancor più fragile del purgatorio.

Di inferno si parla meno, anche se si ricevono in udienza dittatori che sicuramente lo meriteranno, o forse proprio per non metterli in imbarazzo. Per sentire due parole al proposito c'è da ascoltare Radio Maria con l'ineffabile Don Fanzaga. Ma mai ad personam, quelle parole, si intende! C'è quasi una pruderie per la dannazione, si dice che lo sa poi Dio se qualcuno se la merita e perché. Lo stesso non vale per il paradiso dove invece si va con nome e cognome, con tanto di carte bollate e di gigantografie in Piazza S. Pietro. Un po' più coerenti i Musulmani che, forse perché non sono ancora passati attraverso una fase storico-social-mediatica buonista, all'inferno ci mandano gli infedeli e dicono esplicitamente di sé che il giorno dopo saranno in paradiso col Profeta (questo, generalmente, prima di farne una grossa). Gli ebrei invece, presi come sono dai loro problemi terreni, all'aldilà non ci pensano troppo, è importante quel che si fa qui e ora. La religione spesso nel pregiudizio associata al calcolo e al commercio è quella che invece, con l'aldilà, fa meno speculazioni del tipo "questo in cambio di quello". Oggi il detto ebraico più noto al riguardo della morte è quello di Woody Allen che dice che non è che ne ha paura ma non vorrebbe essere lì quando succede a lui. Sarà che i rabbini, finissimi ragionatori, al contrario dei preti e dei saggi musulmani han capito che c'è poco da scervellarsi e che è vergognoso contrattarci.


Ma torniamo al paradiso. E immaginiamo di credere che ci sia.


Ho visto tanta gente passarsela male, qui sulla Terra che è poi il posto dove son sempre stato. Passarsela peggio anche di me, intendiamoci (che però il paradiso non lo merito, quindi non faccio testo) E se la passava peggio dei papi, dei vescovi, dei cardinali, delle reginedinghilterra, dei georgebush, dei binladen, dei nasrallah. O anche solo delle famiglie integraliste cristiane della bible belt che vanno a ringraziare il Signore in pick up. O delle onorevoli col cilicio. O delle famigliole in bici ai “dì della famiglia”. O dei papaboys che si pagano viaggi fino agli antipodi per partecipare a Godstock (o Popestock - che Dio ci sia non si sa infatti, che il pontefice vi appaia è certo).

E allora, questi se la godono sulla terra, stanno benissimo e poi, nel dopo, devono stare ancora meglio? Mi viene da dire: c’è PURE il Paradiso!? Avete avuto tutto e adesso volete anche quello, per sempre!? Che ingiustizia!

Mentre quelli che son stati male in vita magari sì, in paradiso ci vanno, ma con i ricordi della vitaccia passata? Ad esempio con i ricordi della lebbra patita a Calcutta? O dei dolori lancinanti che se li son portati via in tenera età? O del Lager in cui son stati fatti fuori come bestie? Sì, dico con i ricordi, lo devo assumere, perché se si cancellano o modificano quelli si cancella o modifica l'identità e in tal caso sarebbe come se andasse in paradiso qualcun'altro! [1]. E con i ricordi traslocano in cielo le ingiustizie terrene.

Meglio quindi se non c’è niente. Nel nulla io, nel nulla i miserabili, ma con tutti i pasciuti filistei!

(E lo so che è una magra consolazione).

Valete.

[1] Ma questo forse è un ragionamento troppo filosofico per i teologi vaticani, meglio spendere i tesori dell'intelletto alla ricerca di miracoli per intentare processi di beatificazione e santificazione.

mercoledì, ottobre 03, 2007

Una modesta critica del pensare religioso in rapporto al concetto di libertà



[...cui segue un altrettanto modesto elogio del Liberalismo]

Mea culpa. Avrei dovuto essere più cauto, ma ci sono caduto. Ho incominciato una discussione nei dettagli del rapporto tra Islam e libertà (e così pure, qualche tempo fa, ho discusso con esempi puntuali il rapporto tra il Cattolicesimo e la libertà). E discutere nei dettagli significa stimolare la ricerca da parte dell’interlocutore di controesempi. Per un imam che ha pronunciato la fatwa di morte contro Salman Rushdie ce n’è uno che lo ha ospitato in casa sua per proteggerlo. Per uno che non muove un dito contro l’infibulazione ce n’è uno che si sgola in senso contrario. E così via. Da noi, per un prete che tuona contro gli omosessuali ce n’è uno che ne auspica persino il riconoscimento legale (raro, ma possibile). Eccetera.

Mi soffermo ancora un paragrafo sulla mutilazione genitale femminile. Il persistere dell’infibulazione, così ragiono, si ha, dopotutto, in società permeate dall’Islam. Poiché questa usanza è ripugnante e crudele, ed inoltre non ha alcuna base scritturale (anzi, mi si ricorda che ci sono delle testimonianze in senso contrario nella tradizione quanto al comportamento del Profeta con le figlie), si suppone che, in una società, ripeto, pesantemente influenzata dalla religione, tale usanza dovrebbe essere scomparsa da un bel po’. Se invece è rimasta (e rimane) così a lungo vuol dire che le autorità che più possono influire su di essa (ovvero, quelle religiose) si sono mosse pochino. E questo per insensibilità, credo - una insensibilità nei confronti della donna che (sospetto) è strutturale nell’Islam (come nelle sue religioni sorelle o sorellastre se vi aggrada). Poiché, dal punto di vista prettamente anatomico, ciò che caratterizza una donna è il possesso (inter alia) di un vagina, se persiste una pratica volta a mutilarla e che peraltro si dimostra apportatrice di malattie e problemi meccanici (non parlo nemmeno del piacere della donna, se vi infastidisce: anche solo dell’unione procreativa), ebbene, se persiste una cosa del genere nonostante sia dolorosa e inutile, e tale sia stata per generazioni e generazioni di donne, occorre davvero che ci sia una gran bella dose di indifferenza e di inerzia ad ostacolarne l’abolizione. E ancor più responsabili sono quelle autorità religiose che hanno il potere di influenzare le opinioni e quindi i comportamenti. E doppiamente responsabili se quella pratica va contro la religione.

Nel dibattito tra me e le due lettrici di fede islamica sembra emergere uno strano Islam. Siamo abituati, in Occidente, a parlare di Paesi islamici. Ora si scopre, discutendo con queste gentili interlocutrici, che in realtà, quei Paesi, davvero “islamici” non sono, perché se lo fossero ben altri sarebbero i comportamenti e le leggi vigenti. Insomma, l’Islam sarebbe in qualche modo assente e presente. Se un comportamento è criticato lo si distacca immediatamente dalla religione dicendo “ma quello non è il vero Islam”. Bene, dico io, questo è consolante. Allora dobbiamo presupporre che l’Islam sia un atteggiamento tutto sommato a mal partito in quegli Stati (e sono tanti) dove si governa sulla base di una discendenza del Profeta e dove si accompagna al nome dello Stato medesimo l’aggettivo “Islamico”. Fin qui, in linea ipotetica, posso seguirvi. Se esiste una possibilità di tradurre l’Islam, nella politica, in modo che esso non vada necessariamente a braccetto con l’autoritarismo (ma ho i miei dubbi) e con una serie di pessimi usi come ad esempio la pena di morte, e l’oppressione dei non correligionari, ben venga. Ma, ripeto, a causa del contenuto del Corano (in particolare quanto al centrale concetto di jihad, che consente anche un’interpretazione concreta e violenta) ho poca fiducia. Mi concederete almeno che in secoli di storia non se n’è avuta gran dimostrazione, di una simile possibilità.

Questo gioco del rimpiattino (“Sì, quel comportamento X è orribile! Ma non è vero Islam / Cristianesimo / Ebraismo / Comunismo, si ricorda infatti il caso di quel musulmano / cristiano / ebreo / comunista che fece / disse esattamente il contrario di X…”) vale per tutte le fedi. Non si finisce più (per quanto, ripeto, poi la somma totale delle responsabilità storiche parli a sfavore delle religioni).

Sono ancora disposto a discutere nei dettagli i singoli comportamenti, i singoli versetti e le singole interpretazioni. Ma per oggi lasciamo in un angolo questo tira-e-molla e vediamo anche la cosa da un paio di altre prospettive. Quella individuale innanzitutto. La religione ha senza dubbio un ruolo importante per la spiritualità del singolo, per il suo equilibrio. Le nostre lettrici hanno menzionato il sollievo che una conversione, l’abbracciare una fede, comporta. E io capisco profondamente questi sentimenti, e ancor di più quelli di smarrimento e angoscia che li hanno preceduti e per questo li rispetto. Una fede dà grande forza. Sicuramente sono più serene le giornate di chi crede a un Essere Superiore che vede e provvede, di chi confida nella giustizia ultima o di chi è convinto della sopravvivenza individuale dell'anima dopo la morte.

Solo che la fede dà una forza eccessiva. Poiché si tratta, in origine, del rapporto individuale con un Essere Superiore, si finisce col legittimare tutto quello che a quell’Essere, alle Sue parole, è fatto risalire. Parole che però si contraddicono, o tra religione e religione o all’interno di una stessa religione quando vi sono nei testi sacri diverse interpretazioni possibili (e dove non ci sono?). Nonostante questo (e passiamo dalla prospettiva individuale a quella collettiva) si comincia col tracciare una linea tra fedele e infedele, la linea diventa dislivello di valori, e poi ci si sente giustificati ad ammazzare o almeno opprimere e disprezzare il secondo. E’ spesso stato detto, riprendendo una citazione (male interpretata) di Dostoevskij, che l’ateismo è da rifiutare perché, senza Dio, tutto è possibile. Acutamente ha fatto invece osservare un filosofo francese contemporaneo che, proprio perché c’è Dio tutto diventa possibile. Dire Deus vult, ma sha’ Allah diventa la coperta per coprire ogni nefandezza e il cemento per consolidare ogni status quo nocivo a qualcuno, singoli o cateogorie.


La religione crea anche delle affinità elettive spiacevoli
(per usare un understatement). La nostra giovane lettrice e interlocutrice Asyia Fatima è assai verosimilmente una persona amabile e gentile, ma sul suo blog troviamo anche spazio per Osama bin Laden, che, indubbiamente, non è una figura equilibrata ed innocua. Qualche tempo fa un nostro lettore cattolico, che certamente è lungi dall’auspicare guerre coloniali o espulsione delle comunità giudaiche, si dimostrava indulgente verso un movimento che mischia cattolicesimo (poco) e fascismo (tanto) perché in fondo si tratta di correligionari.

E ancora. Si può anche pensare che l’11 settembre non sia un avvenimento di matrice prettamente religiosa, che sia un avvenimento bellico (e quindi politico) con una patina islamica, ma di sicuro, se qualcuno ha avuto lo scellerato fegato di schiantarsi contro un grattacielo facendo fuori molte alte persone è perché era estremamente convinto di trovare qualcosa di meraviglioso dopo la morte. E del pari, se credessero un po’ meno all’immortalità dell’anima e al paradiso, molti meno giovani e ignoranti soldati americani partirebbero per andare a sparare agli abitanti di Paesi che non saprebbero trovare su una cartina muta. Lo so che suona idealistico, ma forse le guerre come quella in Iraq si fermerebbero, nonostante le altissime paghe, se ci fosse una sorta di obiezione di massa dovuta alla paura di perdere, insieme alla pelle, davvero tutto quello che c’è da perdere.

Le religioni ci dicono sì che l’essere umano è debole e fallibile, in confronto all’Essere Supremo, ma poi ahimè legittimano tutte le azioni che, da parte di quell’umano debole e fallibile, sono perpetrate in nome dell’Essere Supremo stesso. Non importa che ci sia un’autorità centrale (come il Papa) o che ce ne siano tante (come i saggi dell’islam - il che è anche peggio perché aumenta la confusione), quel che conta è che, nel nome di Dio, quelle autorità non si smuovono di un millimetro. Dio diventa lo strumento di qualunque irrigidimento dottrinario. In questo senso, anche i concetti di bontà, tolleranza e libertà che sono ricavati dalle religioni e vissuti dai loro rappresentanti sono, ancorché di fatto positivi, comunque distorti, malati.

Il liberalismo arriva ad un concetto di rispetto che è di ben altra fattura. Occorre dare spazio ad ognuno perché, ciascuno, potenzialmente, potrebbe avere ragione, fallibili e deboli come siamo. Che ciascuno sia ascoltato, che ciascuno contribuisca, che nessuno ammazzi od opprima nessuno in nome della propria posizione. Per dirla con von Hayek “La libertà è l’essenziale per far posto all’imprevedibile e all’impredicibile; ne abbiamo bisogno perché, come abbiamo imparato, da essa nascono le occasioni per raggiungere molti dei nostri obiettivi. Siccome ogni individuo sa poco, e, in particolare, raramente sa chi di noi sa fare meglio, ci affidiamo agli sforzi indipendenti e concorrenti dei molti per propiziare la nascita di quel che desidereremo quando lo vedremo” [1].

E’ un ragionamento con un fondo di apprezzamento per la probabilità: occorre che cento scuole fioriscano e si confrontino non per poi poterle meglio schiacciare (come fece in Cina chi si servì di questa metafora), ma perché umilmente si riconosce che ciascun altro potrebbe avere ragione e più si contribuisce più si innalzano le possibilità di miglioramento. E’ un apprezzamento della collaborazione, del reciproco aiuto, superiore, paradossalmente, a quello del comunismo. E le scuole saranno tante e si contraddiranno, forse, come i teologi e i saggi delle religioni: ma nessuna sarà legittimata ad accoltellare o emarginare gli appartenenti ad un’altra. Ci troviamo a condividere la bizzarra e forse anche triste condizione umana. Vediamo di ascoltarci, di darci possibilmente una mano, e che nessuno ci dica che il suo rapporto individuale con un Essere Superiore (che potrebbe anche esistere, chissà) lo autorizza a pesare anche solo un grammo di più degli altri.

Il comunismo non parla di Dio, ma non si rende nemmeno conto della fallibilità e limitatezza dell’essere umano come suo tratto essenziale (infatti prevede una specie di paradisiaca fine della storia), così poi si trova in imbarazzo a spiegare perché manifestazioni storiche presentatesi come comuniste sono fallite o deviate. Il liberalismo riconosce invece che siamo fatti di un legno duro e storto, difficile a foggiarsi, ed evita ogni culto della personalità o della super-personalità, pertanto non ha imbarazzi nemmeno a riconoscere che ci possono essere (e vanno combattute!) proprie forme deviate o pretestuose in cui di “liberalismo” c’è solo il nome. E non le scusa perché in fondo c’è una somiglianza almeno verbale o una lontana parentela.

Valete.

[1] Friedrich A. von Hayek, La società libera , cit. in D. Antiseri, Prefazione a F.A. von Hayek, Individualismo: quello vero e quello falso, Rubbettino 1997 (ed. italiana di Individualism: true and false, 1949), p. 29.
{Sì, Beiderbecke, te lo restituirò, vedi bene però che ne ho fatto tesoro!}

lunedì, ottobre 01, 2007

Barry I miss you




Era un repubblicano. Ma non aveva niente a che vedere con le mezze tacche neocon odierne. Era un conservatore, ma aveva ben chiaro cosa fosse importante conservare e le questioni verso le quali invece la società avrebbe dovuto aprirsi. E soprattuto dava dei gran calci nel culo ai bigotti che, al fine di imporre la loro concezione confessionale della vita e della politica volevano restringere le libertà che sono alla base della grandezza dell'occidente (e che secondo me - al di là di tutto - lo mantengono a tutt'oggi grande).
Se oggi nello scenario politico mondiale i conservatori e la destra più in generale fossero rappresentati in primis da gente come Barry Goldwater, come Rudy Giuliani, gente insomma che è a favore del libero mercato, della tolleranza zero contro il crimine, ma che anche delle libertà civili ed ha una visione laica e secolarizzata della politica, beh, superfluo dire che il sottoscritto si dichiarerebbe orgogliosamente conservatore. Peccato che però oggi la situazione non sia per nulla così.
Però, augurandomi con tutto il cuore che Giuliani nel 2008 trionfi, voglio elencare alcune affermazioni di Barry Goldwater che riassumono bene il suo pensiero. Sarei veramente curioso oggi di sentire cosa direbbe dell'estremismo religioso imperante in gran parte del mondo e soprattutto del terrorismo che rappresenta il vero cancro della nostra epoca.


"On religious issues there can be little or no compromise. There is no position on which people are so immovable as their religious beliefs. There is no more powerful ally one can claim in a debate than Jesus Christ, or God, or Allah, or whatever one calls this supreme being. But like any powerful weapon, the use of God's name on one's behalf should be used sparingly. The religious factions that are growing throughout our land are not using their religious clout with wisdom. They are trying to force government leaders into following their position 100 percent. If you disagree with these religious groups on a particular moral issue, they complain, they threaten you with a loss of money or votes or both.
I'm frankly sick and tired of the political preachers across this country telling me as a citizen that if I want to be a moral person, I must believe in "A," "B," "C" and "D." Just who do they think they are? And from where do they presume to claim the right to dictate their moral beliefs to me?
And I am even more angry as a legislator who must endure the threats of every religious group who thinks it has some God-granted right to control my vote on every roll call in the Senate.
I am warning them today: I will fight them every step of the way if they try to dictate their moral convictions to all Americans in the name of "conservatism."

Speech in the US Senate (16 September 1981)


"I think every good Christian ought to kick Falwell right in the ass."
July, 1981, in response to Moral Majority founder Jerry Falwell's opposition to the nomination of Sandra Day O'Connor to the Supreme Court, of which Falwell had said, "Every good Christian should be concerned."—Ed Magnuson, Time Magazine, The Brethren's First Sister, July 20, 1981. Retrieved 1/1/07.


"My faith in the future rests squarely on the belief that man, if he doesn't first destroy himself, will find new answers in the universe, new technologies, new disciplines, which will contribute to a vastly different and better world in the twenty-first century. Recalling what has happened in my short lifetime in the fields of communication and transportation and the life sciences, I marvel at the pessimists who tell us that we have reached the end of our productive capacity, who project a future of primarily dividing up what we now have and making do with less. To my mind the single essential element on which all discoveries will be dependent is human freedom."
With No Apologies (1979)



"I would remind you that extremism in the defense of liberty is no vice! And let me remind you also that moderation in the pursuit of justice is no virtue!"

Acceptance Speech as the 1964 Republican Presidential candidate.


"The big thing is to make this country, along with every other country in the world with a few exceptions, quit discriminating against people just because they're gay, you don't have to agree with it, but they have a constitutional right to be gay. And that's what brings me into it."

Eppoi questa è davvero geniale:

"You don't have to be straight to be in the military; you just have to be able to shoot straight"