lunedì, settembre 24, 2007

Risposta aperta a una gentile lettrice sulla condizione della donna (e della bambina) nell’Islam


Cara amica,
Benvenuta. Ho letto con attenzione la tua risposta. Non credo che siamo poi così lontani quanto ad idee, almeno non su ogni punto. Hai ragione, ad esempio, sulla donna mercificata; le portatrici di culo di cui parlavo nel post precedente (nota linguistica: pensa che il correttore di word continua a sottolineare la parola culo!) sono infatti donne tristemente oggettificate e ridotte ad una frazione fisica di loro stesse. Io facevo innanzitutto notare che il dar giudizi su questa o quell’altra parte del corpo è qualcosa di umano, e d'altra parte, a voler essere rigorosamente contro, anche un concorso di bellezza dello sguardo dovrebbe irritare. Non negherai inoltre che anche gli uomini musulmani hanno i loro canoni per giudicare una donna “pezzo per pezzo” anche se poi la cosa rimane “per la strada” e non si è ancora arrivati a una trasmissione televisiva che dia risalto alla cosa. E immagino anche le donne musulmane giudichino qualche a volta l’uomo “a pezzi”. (Ad esempio l’amatissimo e popolarissimo cantante Amr Diab non è gobbo e stortignaccolo, tutt'altro - è dovuto solo alla bella voce il suo successo?). Quindi, da un lato l’apprezzamento puramente fisico delle natiche non è necessariamente un segno di decadenza, e, dall'altro, se segno di decadenza è in quanto una singola parte del corpo è impiegata come unico metro di giudizio di una persona, questo si ha comunque anche nei Paesi islamici. Insomma: sdrammatizziamo un po’.

Passiamo ad argomenti più profondi, che prescindono dalla specifica questione delle natiche esibite in tv. Parliamo della condizione della donna secondo l’Islam. Hai ragione sulla inaffidabilità metro di giudizio che si impiega per valutare la libertà della donna e sulle miopi facilonerie in cui si incorre nel farlo. La donna non è più libera quanto più si può scoprire. E nemmeno è più realizzata quanto più può salire, o di fatto sale, gli scalini della gerarchia di un’azienda o di uno stato. Io sono figlio di una casalinga che ha rinunciato al lavoro per seguire meglio la mia educazione e che ha una ricchissima vita spirituale, molto più, credo, di qualche ministra o di qualche manager - da una simile stortura di ragionamento mi sento esente. E gli occidentali superficiali lo dimenticano. Però anche tu sei fluttuante: se tu fossi relativista in modo coerente ("le donne musulmane hanno un metro, le occidentali un altro, e ciascuna è contenta con quel che ha") non dovresti nemmeno chiedermi se ci sono poi così tante in posti prominenti nella politica occidentale, né menzionarmi le donne in posizioni di successo. Se si è coerenti col ragionamento dei “due metri” domande così diventano irrilevanti. E comunque, la risposta è, donne in politica nel mondo arabo ce ne sono, sì, io so almeno di quelle in Egitto, ma prima che se ne veda una alla presidenza (come la Tatcher, come la Merkel) di uno Stato si può aspettare che torni il Profeta.

Specifico tuttavia una cosa: se anche esistesse un metro di giudizio assoluto, e in base a quello emergesse che le donne in Medio Oriente sono “meno realizzate”, ebbene questo non giustificherebbe alcuna aggressione da parte dall’Occidente. Lo dico per limitare il discorso alla mera discussione sulla condizione della donna perché è chiaro che molti compiono una serie di passaggi argomentativi e ideologici del tipo “la donna nella società islamica è inferiore” ergo “la società islamica in toto è inferiore” ergo “si può / si deve attaccare la società islamica con la violenza o con altri mezzi”. Non sono così rozzo.

Hai anche ragione sulla paradossale modernità del Corano a cui nessuno pensa, di primo acchito. Il Corano fu un grande miglioramento, una eccellente innovazione, dal punto di vista legale. Ad esempio si scaglia contro l’uso orribile di uccidere le neonate, vigente nell’epoca precedente al Profeta, che le rivelazioni cancellarono. La donna della società preislamica non se la passava affatto bene (ma ancora - la prima moglie del Profeta, Khadija, era una ricca commerciante, vedova. Anche questo è un punto che può far riflettere).

Ma è il seguente che ritengo l’argomento più forte, e vorrei che su questo ci si concentrasse. Parli anche tu di rispetto per la donna. Se ammetti che la donna possa essere rispettata (qualunque cosa si intenda per rispetto), ammetti anche che ci siano anche casi in cui la donna può NON essere rispettata E questo può purtroppo accadere anche nell’ambito famigliare - pure il Corano menziona l’eventualità di maltrattamenti da parte dal marito (vedi IV,128). Ebbene, in questo caso si misura la libertà e la tutela della donna (quindi il rispetto stesso!) dalla facilità che la donna ha di liberarsi del non rispetto di cui potrebbe trovarsi ad essere vittima. E qui si cade; perché le leggi islamiche nel divorzio favoriscono inesorabilmente il marito. Questo non è nemmeno uno di quei punti ambigui, moderabili (si sa che il Corano ha infatti versetti che ne abrogano o almeno mitigano altri), ma è scritto, e salmodiato, chiaro e tondo. Il divorzio islamico, stando alle parole del Corano che ha pure una sura (la LXV) che ne prende il nome, è, sì, meno brutale di quanto si pensi; c’è un periodo di riflessione che l’uomo deve rispettare perché potrebbe voler ritornare su suoi passi, poi la donna deve ricevere il necessario per la sussistenza, e infine si parla di trattare la ripudiata con gentilezza -il che fu un enorme miglioramento rispetto alla società venuta prima del Profeta. Ma si parla di ripudio solo come un atto che può provenire dal maschio.

Questo ha conseguenze non trascurabili. Se un uomo maltratta la moglie questa non può liberarsene facilmente, il ripudio deve ottenere il consenso… di lui! Scatta allora un meccanismo sociale viziato. Difficile che l'uomo acconsenta, visto che il divorzio è per lo meno una seccatura, inoltre non è socialmente onorevole, suscitando malelingue e pettegolezzi (come da noi). Nel caso invece dia l'assenso, ci si inventa qualche responsabilità che ricada sulla donna. Politica del male minore: se riprovazione sociale deve essere, almeno che la moglie sia vista come chi ha sbagliato. E se risulta che la colpa è della moglie, ovvero che è una cattiva moglie, la sua posizione giuridica scade ulteriormente. Come appunto il giudizio della gente su di lei, che è influente anche per quanto riguarda le chances che quella ha poi di rimaritarsi, questione non secondaria: dopo che sei stata vittima di una "mancanza di rispetto", quanto riesci a uscirne a testa alta? Quanto puoi rifarti se sei una divorziata?

C’è un senso unico, uno squilibrio, nel divorzio islamico ma in generale nel matrimonio, che non è mai considerato con attenzione. Le donne che elogiano l’Islam, appartenendovi, e sottovalutano questo punto, o sono islamiche che vivono secondo leggi occidentali (perché convertite, perché immigrate) oppure vivono nella legge islamica ma pensano egoisticamente e ingenuamente che la cosa non è rilevante perché tanto loro marito non potrebbe mai dare loro motivo di volerne divorziare: in ogni caso una forma di egoismo, di miopia. Nota che lo squilibrio che c’è nel matrimonio si riflette anche sul suo inizio, dal momento che non è la donna che sceglie. E anche questo è un punto da non trascurare.

Mi dici poi che ti rotoli dalle risate leggendo che io penso che un imam “rompe le scatole”, come se fosse una mia ingenuità… Gli imam (altra parola che word sottolinea! Si dovrebbe fare una ricerca di antropologia culturale, su questo) gli imam, dicevo, di questi affari, del “come ti devi comportare” si occupano eccome. Non necessariamente con le buone. Se poi malauguratamente vogliono usare le cattive difficile che qualcuno li fermi. Non puoi negare il loro ruolo sociale molto forte e non sempre positivo.

Torniamo alla questione della donna, in relazione a quest'ultimo punto: se nel mondo arabo ci sono stati dei provvedimenti che sono stati portati avanti per tutelare sempre più la donna per quanto riguarda il divorzio, non sono certo stati portati avanti da degli imam. La donna, nella società che essi controllano, è rispettata (almeno secondo criteri intra-islamici) tuttavia “gli uomini sono un gradino più in alto”: parole di Dio per bocca di Muhammad (Sura II, 228). Se si ragiona su questa base è difficile poi che si prenda in considerazione la condizione della donna come qualcosa cui possono essere apportate modifiche. E l’immobilismo non è mai un valore positivo. Rispetto vuol dire non solo garantire una condizione ma anche problematizzarla, metterla in discussione, sapersi chiedere se va bene così o se per caso non si può fare qualcosa di più - però se si è convinti che la condizione è quella perfetta, in quanto stabilita da Dio, non vi si pone mai mente in modo flessibile. La si dà per scontata. Dare per scontato qualcosa non vuol dire prenderlo sul serio.

Un'altra riflessione, sempre in questa vena. Parliamo di chi vive non con addosso il semplice velo, ma completamente coperta. Una donna celata da un niqab è sì tutelata da certe osservazioni pesanti o dal condizionamento esteriore e superficiali da parte della moda. Non corre il rischio di essere come quelle tristi ragazzotte di Salsomaggiore. Ma è anche una donna di cui non puoi vedere se piange, o se è pallida perché sta male, è un essere a cui tu (uomo o donna) non puoi offrire il tuo aiuto - perché non ti accorgi facilmente che ne necessita! Vi rendete conto della distorsione percettiva e quindi delle idee, della sensibilità, che è indotta dalla pratica di coprire le donne dalla testa ai piedi? Come si fa relazionarsi alla donna con consapevolezza se le "donne" sono innanzitutto "quelle di casa mia" e per il resto sono "quell'insieme indistinto di esseri coperti di stoffa che vedi fuori"? Che hanno un viso solo tra le mura di casa, di cui pensi pertanto "se hanno problemi ci penseranno i loro padri o mariti"?. Io trovo che la copertura integrale sia un'arma a doppio taglio, tutela, sì, questo può essere sostenuto con una certa efficacia, ma lascia anche tremendamente sole, e induce all'essere ignorate da parte degli altri. Questo intendevo quando parlavo della "negazione di identità" a causa del burqa o del niqab. Non mi pare un argomento che si possa facilmente liquidare. Oppure, ancora, si presuppone che una donna non starà mai male, non avrà mai un disagio, e che nel caso tutto deve essere risolto e si può risolvere in famiglia? Oppure si dirà "Beh, se una donna ha bisogno di aiuto te lo chiede?". Miseri, egoistici ragionamenti...

Un altro paio di notazioni: se si dice che la donna coprendosi, è protetta e rispettata, questo significa anche che si ha una concezione non lusinghiera del maschio, come se potenzialmente la visione di qualunque porzione di pelle femminile scoperta facesse di lui un bruto, come se l'irrispetto fosse una tendenza irrefrenabile il cui scatenarsi è direttamente proporzionale alla visibilità del corpo femminile. Ben misera visione allora! Oppure la donna è coperta perché sia vista solo da uno, il marito? Quindi nel matrimonio la donna è cosa del marito?

Si noti che sto parlando della copertura totale, la quale però non è univocamente prescritta dal Corano, che ordina di usare dei mantelli (jilbaab - XXXIII, 59), e coprire le "parti belle" (XXIV, 31). Così che poi una tradizione fondamentalista, per andare sul sicuro, (e, sospetto, anche per ingabbiare socialmente la donna), ha pensato bene di coprire tutto. Credo invece che il velo (nonché un abbigliamento sobrio: non sto affatto sostenendo una mise da Salsomaggiore!)sia accettabile, ammesso che portarlo sia frutto di genuina scelta; e dirò di più, una posizione che forse scontenterà alcuni, anche se ho delle forti obiezioni di fondo rispetto alla religione, pragmaticamente lo accetterei anche nelle scuole.

Facciamo infine un esempio concreto di immobilismo nocivo, tornando sull’infibulazione (anche questa parola word la corregge…) della quale tu taci, forse perché sei disinformata. (E se non lo sei vorrei che ti esprimessi al riguardo). E’ una pratica che non ha alcuna base coranica (e che può essere adottata anche dai cristiani di quelle latitudini, ecco perché nel titolo sarebbe stato meglio parlare di società araba in generale). Pratica che consiste nella cucitura o mutilazione dei genitali femminili, effettuata su bambine (quindi è imposta, perché per le bambine non si può parlare di scelta consapevole). Non c’è paragone con la circoncisione (anch’essa peraltro discutibile) in quanto è molto più dolorosa e nociva alla salute - se non vogliamo parlare della vita sessuale anche solo dal punto di vista della meccanica dell'atto riproduttivo e non del piacere. Essa è almeno in alcuni Stati formalmente proibita. La conseguenza è che la si pratica negli ospedali sottobanco, o la effettuano delle praticone di villaggio prive della benché minima nozione di anatomia e di profilassi - ammesso e non concesso che una mutilazione genitale in ambiente antisettico e in anestesia sia accettabile. Questa pratica, lo ripeto, non ha base coranica ma solo una ambigua giustificazione nella tradizione. Ebbene, io scommetto che le iniziative che hanno portato alla proibizione formale inefficace, lo ripeto!) di tale pratica NON sono state portate avanti prevalentemente da degli imam, i quali pure dovrebbero non solo conservare la parola di Dio ma anche distinguerla dalle aggiunte spurie; e tutto questo se proprio vogliamo metterla sul piano della religione senza pensare alle sofferenze delle mutilate, che ovviamente sono ciò che più conta. E sospetto anche che la contrarietà di principio a tale pratica sia pure essa non molto diffusa tra gli imam.

L’argomento è lungi dall’essere esaurito, ma per oggi termino qui sperando di avere chiarificato a sufficienza le mie posizioni e di avere fornito qualche spunto di riflessione in più.

Grazie ancora per avermene dato l’occasione e a presto, anche sul tuo blog.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ho risposto al tuo commento sul mio blog,lo riporto anche qui:

Grazie anche a te,leggerò volentieri la tua risposta e altrettanto volentieri ti risponderò. Il Profeta (pace su di lui) ha raccomandato ai musulmani di ricercare sempre la conoscenza,e i dibattiti portati avanti con educazione e pertinenza sono l'ideale per promuovere la tolleranza e guardare in profondità dentro sé stessi.Di conseguenza anche il mondo intorno a noi si colorerà di una nuova luce.

A proposito,mi prenderò un paio di giorni per poter scrivere una risposta degna dell'importanza degli argomenti che abbiamo suscitato. Sai,l'Islam è un sistema di vita intero,non una semplice religione,ed è così profondo e complesso che anche i sapienti sbagliano e si impelagano fra di loro in querelle senza fine! In ogni caso cercherò (con l'aiuto di Dio) di essere più chiara che posso,nei limiti della mia età e del mio semplice rango di neofita.

Anonimo ha detto...

Buongiorno, sono un'italiana "convertita" all'Islam da dodici anni. Non vogliousurpare la risposta alla sorella Asiya che conosco e stimo moltissimo, ma mi sento in dovere di chiarire alcuni punti che hai trattato. Premetto che la mia risposta, ora, non è frutto di ricerche fatte espressamente per risponderti (per cui se la sorella Asiya ha un po' di tempo per cercare con maggiore attenzione tutti i riferimenti, sicuramente ti darà risposte più precise) ma è quello che so, dopo anni di studio e di pratica dell'Islam. Vado per punti
1)"maltrattamenti da parte del marito giustificati dal Corano IV, 128". Sbagliato. E' vero che la traduzione in italiano dice "battetele" ma in arabo non ha lo stesso significato, anzi ha dicersi significati ta cui "allontanare, separare" e proprio perché il significato non è cosi' chiaro in arabo, il Profeta Muhammad SAAWS ha precisato "con un bastoncino di siwak (un legnetto di circa 10cm che si usa per pulire i denti) o un fazzoletto". Il significato di questo gesto è di mostrare che si è vicini al divorzio se la donna non ritorna sui suoi passi. Ora c'è da precisare che questo tipo di ammonimento viene dopo tutta una serie di ammonimenti, tra i quali il rifiuto di avere rapporti sessuali senza pero' mai lasciare il letto (questo lo precisano i sapienti) né tantomeno la casa. E per di più, questi comportamenti sono ammessi SOLO nel caso in cui la donna abbia fatto qualcosa di grave, per diverse volte (non di certo per le discussioni giornaliere che si hanno tra coniugi). Ci sono poi tantissimi ahadith del Profeta SAAWS, insegnamenti, che PROIBISCONO di maltrattare le donne o di picchiarle nel senso vero e proprio del termine. Questo è quello che ci insegna l'Islam che non è solo il Corano ma anche gli insegnamenti del Profeta SAAWS, che tra le altre cose ha lasciato un bellissimo insegnamento sulle donne nella parte finale del discorso della montagna, il suo "messaggio d'addio" perché fatto in occasione dell'ultimo pellegrinaggio compiuto dal Profeta SAAWS. Davanti alla folla dei pellegrini (dalla sola città di Medina erano partite 30.000 tra uomini e donne)ha detto per tre volte "Mi raccomando le donne.. Sono le vostre spose, le vostre madri, le vostre sorelle... Sono un deposito (amana, in arabo)...Trattatele bene, vestitele come vi sestite voi, fatele mangiare come mangiate voi... ecc" E in un altro insegnamento ha detto "Il migliore di voi è colui che è migliore con la sua famiglia, ed io sono il migliore per la mia". E ce ne sono tantissimi altri, basta STUDIARE, il che purtroppo è assai raro tra i musulmani di origine araba immigrati perché sostanzialmente provengono da ambienti rurali e non hanno né cultura, nè formazione religiosa, ma si basano su comportamenti tradizionali che sono ben lungi dagli insegnamenti islamici.
2) "il divorzio è una prerogativa del marito". FALSO. La donna puo chiedere il divorzio senza passare attraverso gli "avvertimenti" cui è tenuto dare il marito prima di chiedere il divorzio, e lo puo fare per diversi motivi: a parte comportamenti non islamici del marito, anche il solo fatto della ripugnanza fisica o incompatibilità di carattere o non soddisfacimento dei propri bisogni...Per ottenerlo si rivolge al tribunale islamico, dove il giudice esaminerà il caso. In mancanza di un tribunale islamico, intervengono i famigliari della sposa o amici o ci si rivolge in moschea. Tu mi diarai: resta comunque più facile per il marito, perché gli basta pronunciare la formula e la donna è divorziata: vero, ma sinceramente la cosa non mi disturba, non vorrei continuare a vivere con qualcuno che non è soddisfatto di me o non mi ama più. Certe argomentazioni sono superficiali: quando un matrimonio è finito, il modo in cui finirlo dipende dalla ragionevolezza dei coniugi, "fatelo con le buone maniere". I comportamenti violebti e oltraggiosi sono proibiti nell'Islam (che poi ci siano musulmani che purtroppo lo fanno, questo è vero, ma la responsabilità è degli uomini, non della religione!). Per cui,è vero che ci sono delle regole islamiche per divorziare (che tendono, inoltre, a rendere il divorzio più un'eccezione che una regola, perché tra le cose che Allah detesta di più "il divorzio fa tremare il trono di Allah")ma le ragioni sono comuni a tutti gli esseri umani, di qualunque estrazione religiosa, geografica o culturale: non si va d'accordo, punto.
3)"nel matrimonio non è la donna che sceglie" Ma da dove l'hai tirata fuori? Un uomo puo chiedere la mano di una donna e una donna puo chiedere la mano di un uomo. Khadija RAA la prima moglie del Profeta SAAWS ha chiesto lei la mano del Profeta SAAWS e lei aveva circa 18 anni più di lui ed era vedova. Ergo, i comportamenti di tantissimi, purtroppo, musulmani che rifiutano di sposarsi con vedove o divorziate o donne più vecchie di loro e sono sempre alla ricerca delle "giovani vergini" è un comportamento tradizionale ben lungi dall'insegnamento islamico e dall'esempio del Profeta SAAWS. La storia dei amtrimoni islamici forzati è una storia: non c'è nessun fondamento giuridico islamico a tale pratica che esiste, è vero, anche nei paesi islamici, ma avviene per ignoranza della religione e in assoluto contrasto con gli insegnamenti del Profeta SAAWS che ha chiaramente stabilito la NECESSITA del consenso della donna affinché il matrimonio sia valido. Su questo non c'è divergenza tra i sapienti della quattro più grandi scuole di diritto islamico.
4) "Gli uomini son un gradino più in alto delle donne" si riferisce alla RESPONSABILITA. Gli uomini hanno la responsabilità davanti ad Allah di gestire BENE la famiglia: devono provvedere ai bisogni della moglie e dei figli, bisogni MATERIALI E SPIRITUALI (amore, affetto, coccole ecc.) e a lui incombe la responsabilità delle decisioni importanti, dopo essersi consultato con la moglie. La consultazione famigliare è un principio stabilito nel Corano nonché dagli insegnamenti del Profeta SAAWS. La frae "gli uomini sono un gradino più in alto" si riferisce anche alla condizione fisica: fisicamente l'uomo è in grado di sopportare meglio i pesi e la fatica ed è fisicamente più forte, il che lo mette in una condizione di superiorità fisica rispetto alla donna. A lui incombe proteggerla, difenderne l'onorabilità della persona e della reputazione.
5)"Il velo integrale lascia le donne sole perché nessuno puo sapere se ha dei problemi tranne le persone di casa". Io non porto il niqab, porto il jilbab, un velo unico che copre il corpo lasciando scoperti il viso e le mani ma difendo le sorelle che portano il niqab perché è un loro diritto. Scusami, ma agli sconosciuti che giene importa se una ha dei problemi oppure no? Mica vai per strada a raccontare i fatti tuoi!Eppoi le donne comunque si frequentano tra donne, eccome, e se una vuole fare conoscere i suoi problemi mica ha solo le lacrime a disposizione! Con il niqab puo parlare a qualsiasi persona, anche in tivvù!
6)"infibulazione: gli imam non sono dichiaratamente contrari a tale principio"ma di quali imam stai parlando? Dell'imam che di mestiere fa il macellaio o il venditore di abiti cinesi o tiene un bazar dove c'è di tutto e di più?Guarda che la parola imam vuol solo dire "colui che guida la preghiera in comune", che dovrebbe di solito avere una buona conoscenza della religione, ma non necessariamente è un sapiente. Il sapiente ('alim o sheikh) è ben altra cosa. Continuo la risposta dopo perché si è svegliato mio figlio (ha due anni!)
Ummzakaria

Anonimo ha detto...

Me voilà! Sono tornata! Dunque, per l'infibulazione, non è vero che i sapienti non hanno mai condannato apertamente questa pratica, l'ultima esplicita condanna è di qualche mese fa ed è stata fatta dai sapienti di al-Azhar (una delle più prestigiose università islamiche) nonché dal mufti d'Egitto (autorità religiosa). Bisogna fare alcune precisazioni. Ci sono diversi tipi di infibulazione, purtroppo,la peggiore delle quali è quella faraonica che è una vera e propria mutilazione. Ci sono forme di infibulazione, a quanto hanno detto gli esperti in materia , ovvero medici, che consistono in una piccola incisione che normalmente non provocano danni permanenti o problemi di sorta enon sono considerate pericolose. Quello che nell'Islam è PROIBITO è la MUTILAZIONE di qualsiasi parte del corpo sia femminile che maschile (pensa che è persino proibito il tatuaggio permanente!)Il corpo è un deposito d aparte del nostro Creatore e dobbiamo rispettarlo. Quando i musulmani sono entrati in contatto con le popolazioni che praticavano l'infibulazione come tradizione culturale loro, non l'hanno proibita categoricamente se si trattava di interventi della stessa misura di quella maschile, ovvero se si trattava di fare una piccola incisione senza danni permanenti o rischi per la salute della donna, ma l'hanno fortemente sconsigliata perché si trattava di una pratica NON ISLAMICA e come tale da ABBANDONARSI;bisogna anche notare l'atteggiamento dell'Islam nei confronti delle tradizioni locali: rispetto di tutto quello che non nuoce alle persone, ai loro beni, all'Islam. Di fronte agli altri tipi di infibulazione, la posizione è sempre stata chiara: ci sono casi in cui si tratta di vera e propria mutilazione e come tale è passibile di condanna da parte di un tribunale islamico. Problema: la gente del posto, anche se i sapienti si sgolano e ripetono che l'infibulazione anche quella picola non è una pratica islamica, che il Profeta SAAWS non ha fatto infibulare le figlie e che è una pratica da abbandonarsi, ha la testa dura, spesso amano più le tradizioni della loro religione. Qui non è sufficiente l'imam che al venerdi nel sermone dice "non fatelo!", né sono sufficienti isapienti di al-Azhar per fermare queste pratiche orribili, ci vuole un gran lavoro di educazione e istruzione e informazione a tutti i livelli: peccato che ai musulmani nei loro paesi non vengano fornniti gli strumenti per farlo perché si ha paura che poi la gente cominci a studiare seriamente l'Islam e chissà mai che ne vengano fuori dei praticanti come si deve che potrebbero destabilizzare l'ordine pubblico, impegnati come sono a lottare contro la prostituzione, l'analfabetismo, la droga, l'alcool e gli interessi delle banche!!!!E per ultimo, sappi che l'infibulazione la praticano MOLTO anche i cristiani africani, eppure non mi risulta che il Vaticano abbia preso delle severe misure contro chi la pratica, mentre contro i divorziati c'è l'esclusione dalla Santa Romana Chiesa. Questo perché il problema è culturale, non religioso. Ora mi fermo perché si aprono porte di discussione piuttosto ampie, non vorrei saltare di palo in frasca! Ti ringrazio per l'ospitalità, spero di aver detto qualcosa di utile e aspetto vivamente che la sorella Asiya aggiunga altri dettagli che sul momento non sono riuscita a fornire. Scusami anche per gli errori di battuta, ma ho scritto di getto!Have a nice evening, best regards, Ummzakaria

Anonimo ha detto...

Ho pubblicato la tua ultima lettera sul mio blog e anche la mia risposta! era troppo lunga da mettere qui nei commenti,se ti va puoi pubblicarla