sabato, giugno 16, 2007

Ancora su Napoli e la questione meridionale



Raccogliendo una riflessione di una mia amica, decido di tornare ancora sul meridione italiano e sui suoi problemi, problemi per i quali dovremmo incazzarci assai anche noi del nord, in primis perchè alla fine si ripercuotono anche sulle nostre tasche, in secondo luogo perchè spesso se non ci incazziamo noi non si incazza nessuno.
Allora: questa mia cara amica (che pure al sud è molto legata sia dal punto di vista affettivo che familiare) si indignava e mi faceva notare come in un recente servizio al TG una donna napoletana, interpellata su come facessero con il puzzo di rifiuti che ammorbava il quartiere, ella rispondeva "esco il meno possibile di casa, anche se la puzza entra pure qua dentro". Questo approccio passivo e molle fa incazzare chiunque, tanto più se si ama il sud. La mia amica a questo punto si chiedeva perchè invece, l'unica volta che vi era stato uno sciopero dei netturbini a Milano, la gente si fosse incazzata, e avesse protestato in modo così deciso e coeso per i quattro sacchetti accumulatisi per strada, che le amministrazioni locali si erano adoperate per risolvere subito il problema. Perchè questa differenza?
Allora, la questione dei rifiuti partenopei è complessa, è più grave di uno sciopero, quindi non sarebbe corretto imbastire un paragone basato sulle vicende citate. Molto più corretto è chiedersi come mai le amministrazioni milanesi si attivino quando la gente si mobilita e soprattutto perchè i cittadini di Napoli mantengono questa passività che li ha resi noti fino a renderli uno stereotipo dell'italietta immobile e indolente.
Ripeto: la questione dei rifiuti è complessa: c'è in ballo la camorra, istituzioni politiche che ne sono permeate e che devono ad essa dei favori, ma la gente che fa?
Innanzitutto non vuole si costruiscano inceneritori. Gia questo lo considero aberrante. Proprio a breve distanza dalla mia città ce n'è uno molto grande: è ovvio che nessuno è contento di avercelo vicino, che sicuramente non fa bene alla salute ( invece vivere nel rusco è salutare...) ma è necessario se si vuole avere uno smalitmento efficiente e non vivere in una latrina.
Non volere che si costruiscano inceneritori porta o alle discariche (che certo non sono migliori per la salute) o a farli smaltire altrove, il che fa levitare mostruosamente i costi.
Il secondo aspetto è l'atteggiamento inerte, quello di colui che preferisce sopportare la puzza tutti i giorni piuttosto che arrabbiarsi davvero tutti insieme e pretendere una risoluzione della faccenda.
Sull'atteggimaneto passivo e flaccido italiano e soprattutto meridionale è stato scritto molto da gente mooooolto più autorevole di me (mi ricordo Montanelli e Prezzolini, anche se purtroppo non mi sovviene in quali delle loro opere) che ha provato a darne una spiegazione storica. Nella maggior parte dei casi si argomenta che l'Italia è quasi sempre passata da sovrano a sovrano, spesso straniero (il famoso adagio "franza o spagna...") il che non ha mai stimolato la gente a lavorare in modo armonico per ottenere un miglioramento globale della propria comunità. Questa situazione è stata più accentuata al sud che al nord, ove per lo meno l'indipendenza fu portata avanti credendoci e non semplicemente subendola. Ovvio che un background storico del genere crea inevitabilmente tanti cani sciolti, ognuno preoccupato di rosicchiare giusto ciò che basta al proprio mantenimento, e a rosicchiarne il più possibile anche se ciò va inevitabilmente a discapito degli altri. L'essere mantenuti è il massimo a cui si può aspirare secondo una tale mentalità. La monarchia non c'è più ma le mentalità restano, anzi sia amplificano in quanto la classe politica stessa risponde alla medesima logica e considera la loro carica pubblica come un occasione d'oro per massimizzare il proprio interesse personale. E' quindi ovvio che chi oggi ha il monopolio dello smalitmento dei rifiuti farà pressione con tutti i suoi mezzi sui politici affinchè non si aprano nuove discariche , e via dicendo.
La questione è complessa e mi piacerebbe che intervenisse anche qualcuno più competente in materia.
Vorrei precisare che ciò che ho esposto non aspira assolutamente ad essere un ritratto di tutti i meridionali, non ci penso nemmeno. Credo solo che purtroppo per svariate ragioni una simile e nefasta mentalità sia radicata in certi luoghi più che in altri e cagioni problemi in primis a coloro che, essendo meridionali, spesso decidono per onestà e dignità di non metterla in pratica. Infatti, a fronte dei summenizonati finti furbi vanno sicuramente menzionate le brave persone del sud che a tutto ciò si oppongono e che per questo vivono male e sono spesso additate al pubblico ludibrio dagli stessi "parassiti intelligenti".

3 commenti:

Anonimo ha detto...

...purchè se magna.

P.S. Di dove sei?

Herbert ha detto...

dunque: sono di reggio emilia, lavoro a modena, collaboro con l'università di Bologna (dove mi poco tempo fa mi laureai). Insomma emiliano d.o.c.! :-)

Anonimo ha detto...

Borsellino (o era Falcone?...purtroppo, è una sfumatura che, alla luce dei fatti, conta ben poco) disse che a sconfiggere la mafia doveva essere un esercito di maestri elementari.
Perdonate se sposto di qualche miglio più a sud rispetto a Napoli la questione (meridionale). Lo faccio nella convinzione che la sostanza non cambi. E soprattutto perchè mi sento più credibile quando parlo della Sicilia, dal momento che la conosco bene, molto bene, e che invece quando esprimo le mie opinioni su Napoli -mi hanno detto- sono generalista, di un generalismo derivato dalla non-conoscenza, dall'estraneità.
Rimaniamo pur sempre nel Regno borbonico.
Il sud è meraviglioso. Meraviglioso per il turista-collezionista di emozioni, di sterotipi più probabilmente. Cordialità, ospitalità, paesaggi mozzafiato e una luce folgorante, che invade tutto, che quasi ferisce gli occhi. Di certo una luce che stimola la serotonina, così che, inebetiti dal buonumore, si tornerà nelle città nebbiose e si mostreranno gli album fotografici agli amici parlando di quei luoghi con una nostalgia terribilmente simile ad un Mal d'Africa. Ma se si cessa di essere anche solo per un istante turisti e ci si sforza di cambiare prospettiva, di mutare il proprio sguardo allora inevitabilmente ci si risveglia bruscamente dal torpore estatico del vacanziero e gli occhi cominceranno ad appoggiarsi qua e là sugli scempi. Sarà l'orrore a ferirli, allora, e non più la luce. Vincenzo Consolo ne "L'ulivo e l'olivastro" parla di Gela (ad esempio) come di un grido di dolore e accusa tutti, giustamente, perchè l'orrore accadeva sotto i nostri occhi e noi non abbiamo fatto niente, perchè l'omertà non è solo il "nente sacciu" (non so niente) dei vecchi siciliani con la coppola e il bastone, è soprattutto l'immobilità, l'indifferenza generale. L'imperdonabile tolleranza. L'intollerabile tolleranza. Che diventa connivenza e poi rassegnazione, e la rassegnazione è la peggiore delle malattie. L'utopia di Borsellino (o Falcone) è davvero un'utopia? Le nuove generazioni sarebbero ancora disposte a coprirsi gli occhi di fronte al pericolo (haimè terribilmente concreto) di una nuova democrazia cristiana cristianamente collusa con la mafia (ribadisco cristianamente...non esistono cattolici più ferventi dei mafiosi e mafiosi peggiori dei preti: è un gioco delle parti, un continuo sovrapporsi di ruoli che al sud riesce sempre molto bene)? Io credo di no, o, almeno, credo che oggi, molto più di ieri, un numero sempre crescente di giovani sia capace di dire "io so". Ma, purtroppo, se non si interviene concretamente ora quei giovani cresceranno e invecchiando si ammaleranno di rassegnazione tanto che, nel segreto dell'urna elettorale, segneranno con la croce il Vasa Vasa di turno guardando, forse persino con una punta di rimpianto, il nome del candidato rivale, un nome che suona pressapoco come Borsellino.
Forse la realtà siciliana è diversa da quella napoletana. Soprattutto sono diverse la Mafia e la Camorra. La Camorra è un cancro più invasivo, con metastasi ovonque: è anarchia. E', ancor più della mafia, una forma mentis popolare. Ma allora, ancor di più, proprio perchè scende fin nel ventre di Napoli, è da quel ventre che bisogna ripartire. La lotta non deve essere condotta con maxi-retate notturne, o, meglio, non solo. Perchè è come l'Idra, la delinquenza napoletana. Se mozzi una testa ne ricrescono altre. L'intervento deve essere fatto alla radice, e alla radice c'è la scuola. Anzi, mi coirreggo: alla radice c'è l'ignoranza che infetta tutto e che è gia camorra. Per questo credo che la terapia possa venire solo dall'istruzione. Credo molto nella scuola, nella scuola pubblica. Statale. Ma odio lo statalismo che censura le magagne, che copre il fancazzismo, che stipendia i raccomandati e gli incompetenti. Preoccupiamoci di una scuola che sia degna di chiamarsi scuola, preoccupiamoci di controllare questo benedetto esercito di maestri elementari, e allora, forse, col tempo, assisteremo ad una radicale riforma. Dico riforma. Perchè la rivoluzione, quella esaltante che, ad esempio, sta conducendo il sindaco omosessuale (lo dico perchè aver pubblicamente dichiarato il suo orientameno sessuale rompendo uno dei grandi tabù siciliani, è già di per sè una rivoluzione) di Gela (ancora la città-grido di dolore, ma sempre meno doloroso) per quanto debba essere un modello per tutti in realtà non so come finirà, una volta che il signore in questione morirà (probabilmente non di malattia...l'ennesima ammazzatina, e lui lo sa): non so se la rapidità con cui ha portato avanti il suo progetto di risanamento -encomiabile- abbia permesso alla gente di cambiare davvero.
Dove volevo andare a parare? Mah.
Concludo dicendo che mi è salito come una vertigine quel terribile Mal d'Africa.
La cara amica di cui sopra.