mercoledì, maggio 09, 2007

Della bizzarra carica di Senatore a Vita



Quando la Costituzione fu elaborata pare che balenasse, tra le altre, l’idea di fondare la Repubblica Italiana sullo Spirito. Da quando ci siamo resi conto che quel testo non è un immutabile e divino Corano, ci è familiare chiederci (un bell’esercizio di storia con i “se”), che cosa sarebbe accaduto e che cosa accadrebbe mutandone delle parti. Il mio lato filosofico e idealista è stato sempre stuzzicato dall’idea di quello che potrebbe essere stata, ed essere oggi dunque l’Italia, se l’incipit delle sue regole di gioco fosse stato incentrato, appunto, sullo Spirito.

Meno filosoficamente, si discute di solito di quelle modifiche i cui effetti appaiono più rilevanti per l’attualità. Ultimamente si è messa in dubbio l’istituzione dei Senatori a Vita. Ripassiamo innanzitutto le regole vigenti: si tratta di coloro i quali hanno rivestito la carica di Presidente della Repubblica (art. 59, comma 1) oppure di quelle personalità nominate, fino ad un numero di cinque, dal Presidente stesso (art. 59, comma 2) Nominate in base a che cosa? Recitiamo: per aver "illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario" [ibidem] - non mi addentro poi nella questione della lettura ristretta o morbida del punto, basti sapere che questi signori ci sono.

Se oggi sui Senatori a Vita si intrecciano ragionamenti, auspicandone, nella fattispecie, la cancellazione, è per motivi di interesse e non per puro esercizio ipotetico astratto. Vuole il caso infatti, che il governo attuale si sia trovato a reggersi sul voto di queste figure; voto al quale hanno avuto accesso per la via suddetta e non per quella, valida per tutti i restanti loro colleghi, dell’elezione popolare - il che ha irritato una opposizione che, pur avendo avuto davanti a sé lo stesso destino, sulla scarsità dei voti in Senato ora fa leva. Così, suoi rancorosi esponenti, che in altre temperie magari a quegli scranni avrebbero aspirato o avrebbero voluto vedere elevate figure a loro care (come nel caso Fallaci), ora vanno agitando progetti di abolizione.

Ma noi, per le nostre riflessioni, solleviamoci un istante dall’attualità, anche se l’abbiamo presa a spunto. I governi, infatti, cadranno e si avvicenderanno. Moriranno questi Senatori a Vita (sì, anche Andreotti) e se ne faranno altri. Un giorno, se ci sarà dato, vedremo immagini di repertorio delle baruffe di oggi, ci sembreranno cosa lontana e datata e ne rideremo con i nostri figli. Non mi interessa, insomma, discutere questo specifico supporto di questi specifici senatori a vita a questo governo (fatto su cui pure ho un’opinione articolata - e poco benevola). Pur non possedendo la finezza concettuale di un costituzionalista, mi chiedo invece, e vorrei saper da voi che ne pensate: è giusto che l’assurgere a quel tipo di potere sia suggello di una carriera al vertice delle istituzioni, nell’un caso, o di un magistero intellettuale di qualche tipo nell'altro? Nel primo, il suggello della brillante carriera politica è la sua sclerotizzazione perpetua; eppure, se si è stati capaci ed amati Presidenti della Repubblica non dovrebbe mancare, anche dopo la cessazione dell’esercizio, un’aura di rispetto, un’autorità morale - quella non basta? Nel secondo, si mischiano competenze che ben poco, o non necessariamente, hanno a che vedere con la politica – la quale dispone peraltro di molte altre onorificenze per gli ´intellettuali´, se non fosse che pure quelle si sono logorate a forza di elargirle a palate. Infine, in generale: è giusto che una carica, in una democrazia, duri quanto il corpo di chi la riveste? Non è questa invece una caratteristica della tirannia, della dittatura?



Non so quanto sia realistico immaginare la cancellazione di quegli articoli. Forse, poiché possono urtare diverse sensibilità (e diversi interessi), non è del tutto inverosimile che si arrivi ad una convergenza. Ma so come vorrei che finissero: ossia, che morissero di consunzione, di vecchiaia, a causa di una serie di rinunce, tanti atti di tanti Cincinnati. Rinunce come quella di Montanelli. Che la carica sia destituita di senso dal rifiuto degli aventi diritto e di coloro ai quali fosse offerta. Ma questo, forse, sarebbe più facile in una Repubblica fondata sullo Spirito. Valete.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Bell'articolo...sempre stato contro ai "senatori a vita".
E i recenti avvenimenti non hanno fatto altro che rafforzare questa mia opinione.

Se poi ad un bell'articolo metti di mezzo il grande Indro, un adoratore di Montanelli come mè non può non provare che piacere!

Herbert ha detto...

Caro Libnonlab
come puoi vedere a destra dai nostri riferimenti etici, Montanelli è un pilastro fondamentale. Apprezzo moltissimo i tuoi contributi su italianlibertarians, e sottoscrivo il tuo giudizio su Della Vedova e i RL. Ovvio, non pretendo che i RL siano la copia del LP all'amatriciana (cosa che sarebbe culturalmente improbabile) ma per lo meno che dalle linee politiche del partito amerciano traggano ispirazione. Vabbè, vedremo se il futuro sarà gramo. I tuoi commenti, spunti etc. qui sono sempre graditi sia da me che dal mio collega di Blog, ergo torna a trovarci.

Anonimo ha detto...

Sono io a ringraziare te e il tuo collega per l'ospitalità, e a maggior ragione se viene da un bel blog libertario.

Su Montanelli oggi ho preso in libreria "Il meglio di Controcorrente", quindi provo ancora più diletto del solito nel parlare del compianto giornalista.
Ti confesso che nel leggerlo ho provato grande piacere ma anche una grande amarezza, in particolar modo se penso a quel mediocre di Belpietro e di ciò che rimane del Giornale, un mucchio di letame in cui però riesco ancora a scorgere qualche perla.
Ma ahimè, questo non basta per non ricordarmi che i tempi degli interventi di Abbagnano siano finiti.
Di giornalisti di fronda brillanti come lui, non finiremo mai di lamentarne la carenza ne di esprimere cordoglio per la loro scomparsa al mondo del giornalismo, che in essi ha avuto motivo di orgoglio.

Herbert ha detto...

caro lib non lab
quel libro mi manca io però ho trovato usato "caro direttore" un libro che raccoglie alcune sue risposte ai lettori del giornale nei terribili anni 70.
A quei tempi era davvero in trincea contro un terrorismo che imperava ed un'opinione pubblica e vasta parte della politica (anche pentapartito) omertosa ed intimorita. Un giornalista così che a costo della sua vita (e delle sue gambe) in ua temperie così drammatica si erge a difesa della sua destra liberale non lo avremo più.
Caliamo un pietoso velo su Belpietro, del resto lo stesso Indro già quando il giornale era passato a Feltri diceva di considerarlo (il Giornale) come un figlio drogato che quando casualmente lo si incontra si fa finta di non riconoscerlo. Non avremo mai più un simile portento

Anonimo ha detto...

Non posso che quotare.

Anonimo ha detto...

Sulla morte di Andreotti avrei qualche dubbio....

8/

Herbert ha detto...

è un piacere sentire anche la tua voce caro fabristol su questo neo nato blog libertario.
In effetti a volte anche io ci penso e concluso che proprio non riesco a prefigurarmi un giorno in cui il telegornale in apertura reciterà "mondo della politica in lutto per le prematura scomparsa all'età di 279 anni del sen Andreotti..." :-)

Anonimo ha detto...

Belzebù sopravviverà a tutti noi....farà in tempo a vedere altre 2 o 3 repubbliche, ve lo dico io.

Anonimo ha detto...

Grazie mille! ;)

D'altronde ci incontriamo spesso da Jinzo. Bel blog complimenti.