venerdì, giugno 29, 2007

good news


Bene, leggendo qui si tira un sospiro di sollievo, che in genere quando una sentenza viene menzionata su un quotidiano è perchè ha mandato impunemente fuori dei delinquenti.
Spero che il segnale passi forte e chiaro: dei teroristi di ogni risma noi italiani ne abbiamo piene le scatole.

giovedì, giugno 28, 2007

Dei Facili Entusiasmi per la Messa in Latino



Leggiamo sulla Repubblica una notizia già peraltro nell’aria da tempo, ovvero la ‘liberalizzazione’ della messa in latino.

http://www.repubblica.it/2007/06/sezioni/esteri/benedettoxvi-15/
messa-latino/messa-latino.html

Notizia interessante.

Chi scrive ha avuto modo, qualche tempo fa quando la questione era già ventilata, di ascoltare commenti entusiastici al proposito, da parte di un giovane fedele. Un giovane fedele, che, volle il caso o la Provvidenza, pochi minuti dopo l' elogio con i lucciconi agli occhi si lasciò sfuggire uno strafalcione imperdonabile nella lingua di Cesare (In nomine patris et filiO…). Si scoprì subito che quel giovane fedele il latino non l’aveva mai nemmeno masticato, essendo stato il suo curriculum (ragionevolmente!) incentrato su materie dai più utili risvolti che non le lingue morte. Ripeteva foneticamente. E di, conseguenza, sbagliava. Ma, soprattutto, non capiva.

Ovviamente non si vuole generalizzare. Per quel giovane fedele ce ne sono mille altri, di sicuro, che dominano la lingua dell'Eneide (così come ci sono schiere di latinisti che non si sognano nemmeno di mettere piede in chiesa). Ma un simile episodio ha risvegliato alcune considerazioni sociologiche.

Il latino come lingua liturgica, come ai miei tre lettori sarà facile scoprire anche solo navigando un po', fu ed e' caldeggiato da personalità di alta levatura culturale. La sua sostituzione ebbe alte ragioni, e altrettanto alte ragioni ebbero coloro i quali quelle contrastarono.

Ma a noi interessa l’ atteggiamento del fedele comune. Su quale atteggiamento può basarsi il plauso ad una simile reintroduzione? Azzardo io: su di un atteggiamento superficiale, su di un approccio estetizzante alla Messa. Perché il latino ‘fa atmosfera’. Come a volte si mettono in scena opera liriche ambientate in tempi diversi da quelli immaginati dagli Autori, così adesso si può scegliere la lingua della Messa. Anche se non la si capisce. Un po’ come si sceglie la lingua in un DVD, ma al contrario.

Gesù non parlo’ latino come lingua madre. Latino parlarono semmai i suoi carnefici (Quid est veritas?). E come ogni buon insegnante di ginnasio sa, la pronuncia ecclesiastica e’ un imbastardimento (uno dei tanti possibili peraltro, mancandoci registrazioni dell’epoca). I preti nel frattempo nemmeno più lo sanno, il latino: ci immaginiamo allora riti ancor più zeppi di strafalcioni. Servirà una maggioranza di fedeli: ci immaginiamo allora in Italia, Paese assai amante delle suddivisioni, grandi dispute intra-parrocchiali tra ‘latinisti’ e ‘italianisti’, raccolte di firme, financo boicottaggi. Ma se passera’ il latino, allora, per i suoi superficiali sostenitori, che bello! Come non sentirsi trascinati, quanto ‘fa antico’! Sembrerà quasi di stare in un libro di Tolkien... (A proposito, e le canzoni? Quei valzeroni, quelle schitarrate? Occorrerà latinizzare anche quelli, oppure strideranno!).

Ripeto: non sappiamo se fu un bene o un male, all'epoca, sostituire il latino. Entrambe le posizioni possono essere autorevolmente argomentate (e, come sa chi legge l’ articolo della Repubblica sopra indicato, c’e’ anche adesso una motivazione ‘politica’ soggiacente). Ma far passare, oggi, il messaggio che lo si può ripristinare su richiesta, non fa bene a nessuno, non serve a nulla, tanto meno al latino, e distoglie dal messaggio di fede. Distoglie o perché di fatto impedisce di capire, o perché incoraggia l’approccio-DVD alla Messa di cui sopra. E’ una contro-Pentecoste (cf. Atti 2:4: ‘Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi’). E’ l’ennesima trovata di retroguardia di un Papato che minaccia di escogitarne molte altre.

La prossima volta che qualcuno vi fa l‘elogio della Messa in latino, mostratevi altrettanto entusiasti e poi buttategli li’ quattro o cinque frasi di Cicerone: video, patres conscripti, in me omnium vestrum ora atque oculos esse conversos… Poi spiate la sua reazione.

Padre, perdonali perché non sanno quello che ascoltano.

Valete.

lunedì, giugno 25, 2007

GOP interval


Qui, come è ben visibile, si seguono posizioni libertarie. Ma visto che in campo economico i libertari ed i repubblicani in genere vanno molto d'accordo, voglio riportare questa storiella geniale reperita in giro per la rete, in merito alla cosiddetta redistribuzione della ricchezza tanto caldeggiata dalle sinistre di tutto il mondo, enjoy it:



A young woman was about to finish her first year of college. Like so many others her age, she considered herself to be a very liberal Democrat and was very much in favor of the redistribution of wealth.

She was deeply ashamed that her father was a rather staunch Republican, a feeling she openly expressed. Based on the lectures that she had participated in . . . and the occasional chat with a professor, she felt that her father had for years harbored an evil, selfish desire to keep what he thought should be his.

One day she was challenging her father on his opposition to higher taxes on the rich and the addition of more government welfard programs. The self-professed objectivity proclaimed by her professors had to be the truth and she indicated so to her father. He responded by asking how she was doing in school.

Taken, aback, she answered rather haughtily that she had a 4.0 GPA and let him know that it was tough to maintain, insisting that she was taking a very difficult course load and was constantly studying, which left her no time to go out and party like other people she knew. She didn't even have time for a boyfriend and didn't really have many college friends because she spent all her time studying.

Her father listened and then asked, "How is your friend Audrey doing?"

She replied, "Audrey is barely getting by. All she takes are easy classes, she never studies and she barely has a 2.0 GPA. She is so popular on campus; college for her is a blast. She's always invited to all the parties and lots of times she don't even show up for classes because she's too hung over."

Her wise father asked his daughter, "Why don't you go to the Dean's office and ask him to deduct a 1.0 off you GPA and give it to your friend who only has a 1.0. That way you will both have a 3.0 APA and certainly that would be a far and equal distribution of GPA.

The daughter, visibly shocked by her father's suggestion, angrily fired back, "That wouldn't be fair! I have worked really hard for my grades! I've invested a lot of time and a lot of hard work! Audrey has done next to nothing toward her degree. She played while I worked my tail off."

The father slowly smiled, winked, and said gently, "Welcome to the Republican Party."

domenica, giugno 24, 2007

go LCDM go!


Solo oggi ho ascoltato in replica il discorso integrale fatto da Montezemolo agli industriali della mia città, Reggio Emilia, quello balzato agli onori delle cronache in qunto conteva una verità inoppugnabile: i sindacati nella maggior parte dei casi difendono i fannulloni (leggi qui).
In realtà il discorso era molto più lungo e presentava spunti molto più interessanti tutti da sottoscrivere. In primo luogo faceva presente che, nonostante siamo tra i paesi meno produttivi d'Europa riusciamo a piazzarci per primi per quanto concerne la pressione fiscale sulle imprese, che ovviamente finiscono soffocate da burocrazia e drenaggio fiscale. Faceva presente come sia una vergogna che esistano imprese pubbliche usate com il water dove si scaricano i politici trombati affinchè anche essi abbiano il loro stipendio d'oro assiucrato, e che le stesse imprese, poi facciano concorrenza ai privati muovendosi entro un regime di diritto speciale, a volte assurgendo ad un vero e proprio status di "legibus solutae". Ribadiva poi che è una vergogna che uno stato che preleva così tanti soldi dai contribuenti poi debba rimettere in libertà dei delinquenti perchè le carceri scoppiano e non si costruiscono: parafrasando il grande Rudy Giuliani, a cosa servono i soldi pubblici se non a garantire la sicurezza e l'incolumità del cittadino? E invece no: qui i soldi di chi paga le tasse si usano per gli scopi più disparati: dalla costituzione di enti pubblici economici inutili, al consolidamento di monopoli sul un certo mercato di imprese "amiche", dallo sdoppiamento di alcune cattedre all'università così il professore incapace ma amico in quattro e quattr'otto diviene professore ordinario, al museo delle tradizioni culturali di non-so-che-cazzo nel paesino dell'Aspromonte. Bene: per noi e per Montezemolo tutto questo deve finire.
Sui sindacati in particolare ci sarebbe molto da dire, ed è proprio per questo che mi riservo di dedicare loro un post apposito.

lunedì, giugno 18, 2007

Della Paura Come Virtu´ Nei Potenti.



Mi e´di recente capitato di ripensare alla Politeia di Platone, ed al ruolo che in essa hanno i filosofi. Non vi chiedo di tornare agli appunti del Liceo e nemmeno, se non lo conoscete, di leggervi ora quell´imponente librone pieno di cose belle e interessanti. Mi basti richiamare, per condividere con voi le mie semplici riflessioni, che quell gran papa´ del nostro pensiero, nel delineare in quelle pagine uno stato ideale (per verita´non scevro di elementi inquietanti) stabili´che in essa il potere vi fosse rivestito dai filosofi. ´Filosofo´ha, in quell contesto, un ben preciso significato, che non tentero´di ricostruire qui. Vi chiedo pero´ almeno, nell´adattare l´idea alla contemporaneita´, di non associarlo a ´laureato in Filosofia´ (titolo oggigiorno facilmente ottenibile e inflazionato) o, peggio, a ´Professore di Filosofia´.

Ho pensato allora: puo´oggi un filosofo, inteso come spirito critico, analitico e antiretorico, davvero rivestire il potere? La conoscenza, o meglio, la sua ricerca, l´esercizio della ragione, sono brutte bestie che smembrano quell che capita loro tra le zampe. Certezze e consolazioni a brandelli. Come potrebbe un Presidente della Repubblica filosofare, ovvero fluidificare quel che e´solido, quando c´e´ da fare l´elogio delle istituzioni, ossia, di quel che sta fermo? Impossibile. C´e´un mare di impegni pratici da affrontare, che spengono il pensiero – e poi, quando c´e´da esprimersi per concetti, occorre dare sensi, far balenare speranze, onorare caduti. Non e´il caso di evocare fiumi e mutamenti. Meglio ricordi imperituri. Anche se, per ragioni di distanziamento stilistico dai fascismi, al giorno d´oggi nei discorsi di fine d´anno e simili ci sono risparmiati aggettivi come ´eterno´, ´granitico´, ´immutabile´, sono sempre implicitamente presupposti in ogni discorso ufficiale.

Eppure, l´esercizio del potere offre un osservatorio privilegiato proprio su di un groviglio di fenomeni che dello spirito filosofico sono alimento principe. A stare lassu´ si vede piu´rapidamente il mutare delle sorti, e la miseria dietro la retorica. Immagino allora che chiunque ascenda a una certa carica (posto che non sia una persona intellettualmente insignificante, il che vale peraltro per la maggioranza dei casi a me noti) ne riporti un senso di lacerazione, di tormento…

Perche´ la verita´, o il suo avvertimento se non proprio il suo possesso, ingenera angoscia e paura. Filosofia e´ inquietudine. Non potendo uscire dalla bocca, la verita´ trova altre strade? Si esprime forse in tic, in eruzioni cutanee, in copiose sudorazioni notturne? Null ache trapeli da immagini televisive: occorrerebbe corrompere qualche usciere, qualche commesso del Quirinale per avere conferma di questa controparte fisiologica a tanta sofferenza psichica nascosta.

In tempi oramai lontani, Massimo D´Alema, uomo istintivamente antipatico, discusso e disutibile, ma sovente ammirevole (e, vuole il caso, ma non conta poi troppo, con alle spalle studi filosofici - mozzi), D´Alema dicevo, si trovo´, non sappiamo e non vogliamo giudicare quanto volente e quanto tramante, a sedere sull´alto scranno di Presidente del Consiglio. Una delle prime dichiarazioni in quella veste, se non ricordo male, fu di provare paura. Ora, ci sono molte interpretazioni possibili per quella esternazione. Malevoli, potremmo immaginare che fosse semplicemente la paura di peredere quanto appena acquistato; oppure, peggio, che si trattasse di un´astuta frase atta a rendersi piu´umano, un po´come quando altri Presidenti ci si mostrano in golfino o in (squallida) tenuta da ciclista per farci sapere che, si´, anche loro sono uomini come noi. (Non ne dubitavamo anche vedendoli eleganti in Parlamento, peraltro). Oppure era una paura da sazieta´: aveva bramato quella conquista e, ora che l´aveva, gli sembrava orribilmente facile: era giunto il giorno di essere a capo del potere, e nello stesso modo, con la stessa semplicita´, sarebbe un giorno giunto il giorno di rinunciarvi, e poi il giorno di morire. Una paura gia´un po´piu´filosofica, quest´ultima, in effetti, ancorche´centrata su di se´.

Ma se invece quel giorno quel commento e´stato un´effusione genuina, denotante quella paura che deriva dall´avvertimento della mutabilta´delle sorti e della pochezza umana, allora, per lo spazio ancorche´ breve in cui sono durati timore e tremore, abbiamo davvero avuto un presidente filosofo. Valete.

sabato, giugno 16, 2007

Ancora su Napoli e la questione meridionale



Raccogliendo una riflessione di una mia amica, decido di tornare ancora sul meridione italiano e sui suoi problemi, problemi per i quali dovremmo incazzarci assai anche noi del nord, in primis perchè alla fine si ripercuotono anche sulle nostre tasche, in secondo luogo perchè spesso se non ci incazziamo noi non si incazza nessuno.
Allora: questa mia cara amica (che pure al sud è molto legata sia dal punto di vista affettivo che familiare) si indignava e mi faceva notare come in un recente servizio al TG una donna napoletana, interpellata su come facessero con il puzzo di rifiuti che ammorbava il quartiere, ella rispondeva "esco il meno possibile di casa, anche se la puzza entra pure qua dentro". Questo approccio passivo e molle fa incazzare chiunque, tanto più se si ama il sud. La mia amica a questo punto si chiedeva perchè invece, l'unica volta che vi era stato uno sciopero dei netturbini a Milano, la gente si fosse incazzata, e avesse protestato in modo così deciso e coeso per i quattro sacchetti accumulatisi per strada, che le amministrazioni locali si erano adoperate per risolvere subito il problema. Perchè questa differenza?
Allora, la questione dei rifiuti partenopei è complessa, è più grave di uno sciopero, quindi non sarebbe corretto imbastire un paragone basato sulle vicende citate. Molto più corretto è chiedersi come mai le amministrazioni milanesi si attivino quando la gente si mobilita e soprattutto perchè i cittadini di Napoli mantengono questa passività che li ha resi noti fino a renderli uno stereotipo dell'italietta immobile e indolente.
Ripeto: la questione dei rifiuti è complessa: c'è in ballo la camorra, istituzioni politiche che ne sono permeate e che devono ad essa dei favori, ma la gente che fa?
Innanzitutto non vuole si costruiscano inceneritori. Gia questo lo considero aberrante. Proprio a breve distanza dalla mia città ce n'è uno molto grande: è ovvio che nessuno è contento di avercelo vicino, che sicuramente non fa bene alla salute ( invece vivere nel rusco è salutare...) ma è necessario se si vuole avere uno smalitmento efficiente e non vivere in una latrina.
Non volere che si costruiscano inceneritori porta o alle discariche (che certo non sono migliori per la salute) o a farli smaltire altrove, il che fa levitare mostruosamente i costi.
Il secondo aspetto è l'atteggiamento inerte, quello di colui che preferisce sopportare la puzza tutti i giorni piuttosto che arrabbiarsi davvero tutti insieme e pretendere una risoluzione della faccenda.
Sull'atteggimaneto passivo e flaccido italiano e soprattutto meridionale è stato scritto molto da gente mooooolto più autorevole di me (mi ricordo Montanelli e Prezzolini, anche se purtroppo non mi sovviene in quali delle loro opere) che ha provato a darne una spiegazione storica. Nella maggior parte dei casi si argomenta che l'Italia è quasi sempre passata da sovrano a sovrano, spesso straniero (il famoso adagio "franza o spagna...") il che non ha mai stimolato la gente a lavorare in modo armonico per ottenere un miglioramento globale della propria comunità. Questa situazione è stata più accentuata al sud che al nord, ove per lo meno l'indipendenza fu portata avanti credendoci e non semplicemente subendola. Ovvio che un background storico del genere crea inevitabilmente tanti cani sciolti, ognuno preoccupato di rosicchiare giusto ciò che basta al proprio mantenimento, e a rosicchiarne il più possibile anche se ciò va inevitabilmente a discapito degli altri. L'essere mantenuti è il massimo a cui si può aspirare secondo una tale mentalità. La monarchia non c'è più ma le mentalità restano, anzi sia amplificano in quanto la classe politica stessa risponde alla medesima logica e considera la loro carica pubblica come un occasione d'oro per massimizzare il proprio interesse personale. E' quindi ovvio che chi oggi ha il monopolio dello smalitmento dei rifiuti farà pressione con tutti i suoi mezzi sui politici affinchè non si aprano nuove discariche , e via dicendo.
La questione è complessa e mi piacerebbe che intervenisse anche qualcuno più competente in materia.
Vorrei precisare che ciò che ho esposto non aspira assolutamente ad essere un ritratto di tutti i meridionali, non ci penso nemmeno. Credo solo che purtroppo per svariate ragioni una simile e nefasta mentalità sia radicata in certi luoghi più che in altri e cagioni problemi in primis a coloro che, essendo meridionali, spesso decidono per onestà e dignità di non metterla in pratica. Infatti, a fronte dei summenizonati finti furbi vanno sicuramente menzionate le brave persone del sud che a tutto ciò si oppongono e che per questo vivono male e sono spesso additate al pubblico ludibrio dagli stessi "parassiti intelligenti".

lunedì, giugno 11, 2007

Vergogne italiote


Eccolo il simpaticone. Visto che sappiamo benissimo tutti cosa ha fatto non c'è alcun bisogno che si metta il link.
Lo ringrazio perchè ci ha fornito un classico esempio di comportamento italiota del cazzo, di una di quelle furbate grazie alle quali il nostro paese va a rotoli. Grazie davvero ex-senatore Selva, rinnovandole l'invito fattole da Calderoli spero che il suo gesto esemplare sia ripagato il giorno (speriamo lontano che qui mali si augurano solo raramente) che un coccolone la piglierà davvero.

sabato, giugno 09, 2007

stars and stripes forever




Allora, puntualizziamo: qui Bush non ci piace, non ci piacciono i Neocons, non ci piace la recrudescenza religiosa e bigotta di cui sono portatori, non ci piace il Patriot act, non crediamo che la sua politica estera in Iraq abbia migliorato la sicurezza del mondo (mentre in afganistan hanno fatto benissimo a cannoneggiare i talebani). Qui si è laicisti, pro-choice e soprattutto ci piacciono le manovre politiche al limite anche machiavelliche ma almeno efficaci. Bush agli Stati Uniti ha fatto più danni che bene, però...
Però di fronte alla gran massa degli individui dementi, incivili, fascisti, intolleranti, violenti e puzzoni che lo contestano, di fronte a questa feccia che occupa le stazioni per salire a scrocco sui treni, che porta danni e vandalismo ovunque vada, che augura a Bush la stessa fine di Moro, che spesso esprime solidarietà ai brigatisti ed al terrorismo islamico, mi viene davvero da dare a Bush il mio più caloroso benvenuto.
Viene da ringraziare gli States per la loro stessa esistenza, per l'aiuto che hanno prestato per anni all'Italia, difendendola da modelli ideologici ben peggiori.
Perchè vedere certa gente ed i loro slogan rafforza ulteriormente il mio convincimento circa quale sia la mia parte della barricata, quale il blocco ideologico che voglio prevalga in questa parte di mondo.


So welcome to Italy mr. president, we wish you a good stay.

domenica, giugno 03, 2007

Viva el pluralismo!


Ecco un'altra bella notizietta pervenuta in settimana:
Dai un'occhiata qui

A parte la scontata considerazione che un regime è sempre un regime e che i mezzi di espressione e manifestazione del pensiero sono sempre i primi ad essere inesorabilmente colpiti, sarebbe però carino chiedere che cosa pensano di tutto ciò i rifondaroli nostrani, quelli che - tanto per capirci - andavano in piazza a protestare contro lo strapotere televisivo di Berlusca e per riportare Santoro in rai.
Chissà se anche in questo caso, come per il trattamento riservato ai gay dalla madre Russia, si nasconderanno sempre dietro al loro usuale doppiopesismo.
Best regards!